lunedì 8 aprile 2013

L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DEL SINDACATO

Riemersa per un istante dallo stato di sconfortante passività che ha ridotto alla paralisi il più grande e (un tempo ormai lontano) prestigioso sindacato italiano, Susanna Camusso è riuscita a consegnare a Paolo Griseri (la Repubblica) due “pillole” di inaudita saggezza: trovare un miliardo per rifinanziare la cassa integrazione “in deroga” e varare una legislazione premiale per le aziende che assumono. Tutto qui? Sì, tutto qui. A questo si riduce il pensiero – dell’azione si è persa ogni pur labile traccia - della segretaria della Cgil. Che ora brancola nel buio, avendo smarrito ogni autonomia, ogni profilo progettuale, ogni strategia rivendicativa degna di tal nome, per investire tutto sulle fortune elettorali e politiche del Partito democratico. Il quale, da parte sua, non ha mai superato le Colonne d’Ercole dei patti europei, quelli che subordinano gli interventi sociali e gli investimenti per lo sviluppo ai vincoli di bilancio alle politiche di austerity imposte dalla Trojka.
Non è mai avvenuto, neppure negli anni più duri della storia repubblicana, che i lavoratori avvertissero un senso di abbandono così totale, che un sindacato in disarmo li lasciasse soli ad affrontare, ciascuno per sé, il dramma della disoccupazione e una condizione esistenziale per tanti e tante prossima alla disperazione.
Giuseppe Bargarella, operaio edile di Trapani, disoccupato da due anni, si è suicidato un mese fa. Aveva lasciato fra le pagine di una copia della Costituzione questo biglietto di addio: “L’articolo 1 della costituzione dice che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro; e allora perché lo Stato non mi aiuta a trovare lavoro? Perché non mi toglie da questo stato di disoccupazione? Perché non mi restituisce la mia dignità? E allora, se non lo fa lo Stato, lo debbo fare io”. Alla stessa, tragica determinazione sono giunti, qualche giorno fa, gli anziani coniugi di Civitanova Marche, sopraffatti dalla vergogna per una condizione di indigenza a cui non riuscivano più ad opporre rimedio.
Soli: così si trovano tutti i lavoratori e le lavoratrici di un’Italia che trabocca di ricchezza privata, di opulenza e di spreco, avidamente concentrati nella parte alta della piramide sociale.
Se neppure questi fatti riescono più a scuotere le coscienze anestetizzate di apparati sindacali imbalsamati e preda di una irreversibile degenerazione burocratica, vuol dire che è giunto il momento di ricominciare dalla base e impegnare lì ogni sforzo di ricostruzione di un sindacalismo di classe, di una linea rivendicativa e contrattuale, di una propensione alla lotta di cui il mondo del lavoro è da troppo tempo orbo.
Dino Greco

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