Stay foolish, stay hungry. Cioè Don Gallo
Quell'autentico "pazzo" di Don Gallo. Da prete prete ne
ha combinate così tante che ha finito per diventare, se non la pecorella
smarrita, la pecora nera del cardinal Siri. Che infatti lo mise al
bando, lo relegò in cattività, gli tolse il posto.
Quel grande "pazzo" di Don Gallo che, da prete prete, osava dire cose
inaudite. Tipo: «Quando dò da mangiare a un povero, tutti mi chiamano
santo. Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi
chiamano comunista». Tipo: «Alla fine, Dio non ci chiederà se siamo
stati credenti, ma se siamo stati credibili». Quell'incredibile "pazzo"
di don Gallo che osava richiamarsi, nelle parole e nei fatti -
figurarsi, nel 2000! - a quell'altro fantastico "pazzo" di don Milani,
quel rivoluzionario della "Lettera a una professoressa".
Un "pazzo" tale, che da "pazzo" se ne è andato. Felice di esserlo, stay
foolish stay hungry: ciao Don Gallo, noi ti diciamo grazie. Don Gallo,
ma anche "compagno" don Gallo: «Compagno, questa parola mi piace»,
diceva. Don Gallo, con la sua faccia scavata, il suo sguardo severo,
l'eterno mezzo toscano tra le labbra, il cappello a larghe tese da
anarchico.
«Angelicamente anarchico», si proclamava infatti lui (è anche il titolo
di un libro che ha scritto nel 2005 ). Anarchico fino in fondo,
irriducibile ribelle. Era il marzo 2013, e lui è sempre lì a dire le sue
parole-contro, in quella città del Nord che è quasi una piccola
capitale leghista. «Avevo 17 anni e un mese quando è nata la democrazia
in Italia e adesso che sono vecchio non la voglio vedere morire». Lì che
canta e fa cantare "Bella Ciao", per poi passare in rassegna con lucida
veemenza la "scandalosa" situazione politica che ha sott'occhio. «Oggi
abbiamo un nuovo governo, ma dov'è il popolo nel nuovo governo?». Il
popolo non c'è, perché, lo vedete, «un governo c'è, ma da sempre è
quello delle banche».
Ancorché prete, pericolosissimo. E infatti hanno tentato in vari modi di
fargliela pagare, a quel «prete che si è scoperto uomo».
Andrea Gallo nasce a Genova il 18 Luglio 1928, diventa sacerdote nel
1959, e l'anno dopo è già cappellano sulla Garaventa, la nave-scuola
dove vanno a finire «i piccoli delinquenti». È un riformatorio per
minori, la Garaventa; ma quando arriva quel prete nuovo che si è formato
tra i salesiani e che, oltre don Bosco, ammira e segue il don Milani
dei poveri e degli emarginati, lì dentro cambia tutto. Spariscono "i
piccoli delinquenti", i ragazzi ridiventano ragazzi, magari difficili,
ma sempre ragazzi; quel prete "pazzo" bandisce ogni forma di
coercizione, pena e repressione; lui adotta la rieducazione basata sulla
libertà, la generosità, la comprensione. L'umanità. Quei "piccoli
delinquenti" ai quali lui consente di uscire, persino di andare al
cinema, di autogestirsi, persino di sentirsi rispettati.
È il primo scandalo di don Gallo. I suoi superiori si seccano, dopo tre
anni lo rimuovono dall'incarico senza fornirgli spiegazioni; e lui
lascia i salesiani: «La congregazione - dirà poi - si era
istituzionalizzata e mi impediva di vivere pienamente la vocazione
sacerdotale».
È quindi inviato a Capraia e nominato cappellano del carcere; e due mesi
dopo viene destinato in qualità di vice parroco alla chiesa del
Carmine, a Genova; dove rimarrà fino al 1970.
Ma anche da lì quell'anomalo di don Gallo viene "trasferito". Per ordine
diretto del cardinal Siri. La sua predicazione è un altro scandalo, il
cardinale è furioso. «I suoi sermoni - è l'accusa - non sono religiosi
ma politici, non cristiani ma comunisti». E per di più quel prete
sovversivo non si limita solo a predicare; addirittura mette in pratica
quello che dice. Inaudito, la sua parrocchia, oltre che la casa di Dio,
diventa la casa di tutti, poveri, emarginati, neri, sessantottini,
militanti di sinistra inclusi. Inaudito. Arriva persino, in una sua
scandalosissima predica, a prendere le parti di quei reprobi scoperti a
frequentare una fumeria di hashish. Eegregi sepolcri imbiancati, osa
dire!, guardate che ci sono in circolo droghe ben peggiori di cui
nessuno parla mai. Per esempio «quelle del linguaggio, grazie alle quali
un ragazzo può diventare "inadatto agli studi" se figlio di povera
gente; oppure un bombardamento di popolazioni inermi può diventare
"azione a difesa della libertà"».
È il colmo, don Gallo deve andarsene. Quel prete che non piace a Siri
piace però moltissimo ai suoi parrocchiani, ai cittadini, alla gente; ci
sono proteste, cortei e striscioni, ma la Curia è inamovibile, don
Gallo deve andarsene. E così è, anche perché lui è testardo e persevera
(diabolicamente) a proclamare sempre quello: e cioè che bisogna lavorare
e combattere per i poveri, per gli ultimi, «per quella gente che non
conta mai». Insomma, è chiaro, quel don Gallo «è oramai sfacciatamente
comunista».
Fuori. Se ne deve andare. E comincia la terza vita di don Gallo. Qualche
tempo dopo infatti viene accolto dal parroco di San Benedetto al Porto,
don Federico Rebora, e insieme a un piccolo gruppo dà vita ad una
comunità di base, la Comunità di San Benedetto al Porto, Genova. E nella
"sua" comunità ne combina più di Carlo in Francia.
In segno di protesta contro la stupida legge, si prende lo sfizio di
mettersi a fumare uno spinello in pubblico, addirittura all'interno del
Palazzo comunale, facendosi appioppare la debita sanzione. È amico degli
scandalosi Vasco Rossi, Piero Pelù, Modena City Ramblers; con tutta la
sua Comunità scende in campo a sostegno del Movimento No Dal Molin, mai
più basi militari Usa in Italia, e sempre manterrà tale impegno. È coi
130 mila nel corteo del 2007; ed è la sua Comunità che nel 2009, insieme
ad altri 540, decide di acquistare il terreno dove ha sede il Presidio
Permanente No Dal Molin (a scanso di brutti tiri).
Quello scandaloso don Gallo; è sempre lui che partecipa al primo V-day
di Grillo; nonché al Pride Gay di Genova; e perfino alla presentazione
del primo Calendario Trans della storia italiana.
Sempre lui che predica in favore di Marco Doria a sindaco di Genova,
nonché di Vendola nelle primarie Pd. Sempre lui che - terribile! -
precisamente il giorno 8 dicembre 2012, terminata la celebrazione della
messa per il 42º anniversario della Comunità di San Benedetto al Porto,
all'interno della chiesa medesima e insieme ai fedeli, si mette a
cantare "Bella ciao" e, come se non bastasse, si slaccia il fazzoletto
rosso che ha al collo e lo fa sventolare! Non ci crederete, ma ne vien
fuori un video che fa il giro dell'Italia, un gran successo.
Per quanto “voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti”. Erano
le parole di una canzone di De Andrè che gli piacevano moltissimo. E
infatti sono le stesse che aprono “Storia di un precariato”, lo
spettacolo messo in scena dalla band reggiana, i Desamistade, a cui lui
partecipa. Storia e vita di un precario, uno dei nuovi esclusi, uno dei
"suoi" ragazzi, vittime di quel «dramma generazionale», di quel
«disordine dei sogni», che lui, il prete "pazzo", non smetterà mai di
denunciare.
"Come un cane in Chiesa. Il Vangelo respira solo nelle strade" (Milano,
Piemme, 2012), è uno dei suoi ultimi libri, ne ha scritti ben
19. Raccontò se stesso alla quinta edizione del Parma Poesia Festival:
«Sono un prete da marciapiede».
Vita di un prete "pazzo", tutta «in direzione ostinata e contraria». Bellissima vita, don Gallo.
Maria R. Calderoni
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