giovedì 19 dicembre 2013

Lotta per l’Ucraina di Valerij Kulikov


Nove anni fa, la rivoluzione arancione (dal nome del colore della bandiera di Viktor Jushenko) fu
avviata in Ucraina con il sostegno finanziario e politico del governo e degli strateghi degli Stati
Uniti, con la partecipazione attiva dell’intelligence degli Stati Uniti e di numerose organizzazioni
non governative e di ricerca come l’Open Society Institute del miliardario George Soros, l’Harvard
University, l’Istituto Albert Einstein, l’International Republican Institute, il National Democratic
Institute, ecc. Questa rivoluzione fu la logica continuazione dell’operazione attuata da Washington e
dai suoi alleati europei, alla fine del secolo precedente, volta al “rinnovamento politico” dell’Europa
dell’Est e dell’ex Unione Sovietica, portando al potere i loro regimi fantoccio. Questi regimi
potrebbero cancellare dalla memoria dei popoli di questa regione la gratitudine per la Russia
che sentivano grazie alla lunga amicizia e collaborazione dalla Seconda guerra mondiale e dalla
successiva ripresa delle loro economie. Tali furono la “rivoluzione delle rose” in Georgia nel 2003,
la “rivoluzione arancione” in Ucraina nel 2004, la “rivoluzione dei tulipani” in Kirghizistan nel
2005, così come i tentativi di avviare la “rivoluzione dei fiordaliso” in Bielorussia nel 2006, e le
rivoluzioni colorate in Armenia nel 2008 e in Moldavia nel 2009. Notevoli fondi per
l’organizzazione di queste “rivoluzioni colorate” furono stanziati con il sostegno della statunitense
Fondazione per la Democrazia Est-Europea (SEED), finanziata dal dipartimento di Stato degli Stati
Uniti. Seguendo l’esempio di queste “rivoluzioni” e questi schemi già collaudati, la Casa Bianca
lanciò la “primavera araba” pochi anni dopo, ma le somiglianze degli schemi e della “guida” di tali
processi da parte di Washington sono chiare. Lo stesso per il ruolo “leader” della Casa Bianca nella
destabilizzazione di questi Paesi, in un primo momento, e poi nell’erogazione dei finanziamenti alle
autorità dell’opposizione attraverso “organizzazioni pubbliche e di ricerca” internazionali, per
comprarne sentimenti e discorsi volti a mettere al potere scagnozzi e burattini e, quindi, avere
l’accesso incontrollato alle risorse naturali tramite loro. In un primo momento, la Casa Bianca la
spuntò relativamente senza problemi in Ucraina. Grazie alla “rivoluzione arancione”, l’ascesa al
potere di V. Janukovich, orientato verso la Russia, fu bloccata e poi il loro uomo Viktor Jushenko fu
posto alla presidenza sull’onda dell’opposizione promossa da Washington nel 2004. Tuttavia,
durante gli otto anni della “presidenza arancione” gli strateghi politici d’oltremare non riuscirono a
cambiare completamente la mentalità della popolazione ucraina facendola diventare antirussa.
Quindi, nel 2012, come nel 2004, la popolazione dell’Ucraina rielesse presidente, sempre a
maggioranza, V. Janukovich. Tuttavia, un tale esito della lotta per l’ex-repubblica sovietica e
granaio dell’impero russo del 19° secolo, ovviamente, non soddisfece la Casa Bianca. In queste
condizioni, gli strateghi politici stranieri scelsero lo slogan sui presunti “benefici celestiali” per il
Paese con l’alleanza con l’Unione europea e l’indebolimento delle relazioni commerciali ed
economiche con la Russia; ulteriore strumento per destabilizzare la società ucraina e separarla dalla
Russia. In effetti, le “condizioni dell’alleanza” proposte dall’UE portano al netto peggioramento
della situazione sociale ed economica in Ucraina: la limitazione delle retribuzioni e dei dipendenti
del settore pubblico, aumento delle tariffe del gas per le famiglie e le aziende, il divieto di
partecipare all’Unione doganale. L’ultimo di tali requisiti è il più sensibile per l’economia ucraina,
incentrata sulla cooperazione con la Russia da decenni, e la cui rottura porterebbe inevitabilmente al
collasso della maggioranza delle imprese aumentando la disoccupazione nel Paese. Al fine di
aderire alle norme tecniche dell’UE, per essere competitivi e vendere i propri prodotti sul mercato
europeo, l’Ucraina, secondo le stime del Premier Azarov, avrà bisogno di circa 160 miliardi di
dollari nei prossimi dieci anni. L’UE è pronta a stanziarne solo una piccola parte, 1 miliardo,
chiaramente insufficiente, così spiegando la resistenza di Kiev verso tale pseudo-integrazione
europea.
L’interesse dell’Europa verso l’Ucraina è abbastanza comprensibile. Stabilire stretti rapporti di
alleanza con essa e separarla dall’Unione doganale aiuterebbe notevolmente commercialmente ed
economicamente l’Europa verso la Russia. L’Ucraina stessa, con le sue risorse naturali, i ricchi
terreni agricoli e 46 milioni di abitanti è sempre interessante per l’Europa, soprattutto per la
Germania, quale bersaglio allettante per la colonizzazione dalle imprese tedesche che potrebbero
produrvi prodotti a prezzi molto più bassi che in Cina. Tale interesse è stato più volte evidenziato
dal tentativo di occupare questo territorio durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Tuttavia,
la Germania, l’Unione europea e gli Stati Uniti perseguono obiettivi non solo economici, ma anche
geopolitici, nella lotta per l’Ucraina. Data la perdita di influenza della Russia in Europa orientale, a
causa del crollo dell’Unione Sovietica, l’integrazione dell’Ucraina nell’UE contribuirebbe a una
rapida emarginazione della Russia nella politica ed economia europee. Per attuare tali piani,
Washington e l’UE si sono concentrati sulla popolazione usando tre partiti ucraini “addomesticati”,
che sono:
- l’Unione pan-ucraina “Batkivshyna“, guidata dalla detenuta ed ex-primo ministro Julija
Tymoshenko. Per tale scopo, l’Unione ha avuto anche lo status di membro del Consiglio di
Sorveglianza del Partito popolare europeo, l’Associazione dei partiti cristiano-democratici
e nazionalisti europei;
- Alleanza Democratica per la Riforma ucraina (Udar), guidato dal pugile peso massimo Vitalij
Klitschko che vive in Germania da molto tempo. Non essendo portavoce della popolazione ucraina,
il partito che nel 2010 contava circa 10000 aderenti, fu creato con l’aiuto del Partito democratico
cristiano della cancelliera tedesca Angela Merkel e del suo centro di analisi, la Fondazione Konrad
Adenauer. Quest’ultima ha attuato una palese interferenza negli affari interni dell’Ucraina,
organizzando seminari per “addestrare gli attivisti” dell’alleanza attraverso i social network e
internet;
- l’Unione pan-ucraina “Svoboda“. Anche secondo le conclusioni del tedesco Friedrich Ebert
Stiftung, “Svoboda” è un partito radicale dell’estrema destra nazionalista ucraina, che in
precedenza utilizzava un simbolo simile alla svastica come logo. Le dichiarazioni antisemite e
xenofobe dei leader di “Svoboda” furono fortemente criticate sia in Ucraina che all’estero,
mostrando l’ideologia di tale partito, le cui dichiarazioni pubbliche e retorica sono neo-fasciste e
neo-naziste. Tuttavia, come si può vedere, la Casa Bianca non rifiuta “servizi” da simili alleati per i
suoi scopi, diventando così complice di nazisti e xenofobi. Dopo che il governo e il Presidente
dell’Ucraina hanno rifiutato di accettare i termini evidentemente sfavorevoli dell’integrazione con
l’UE, Washington e Bruxelles gettarono forze sempre maggiori nella lotta per questa repubblica,
ignorando i principi del diritto internazionale in materia di non-ingerenza negli affari interni di uno
Stato straniero. Leader politici statunitensi ed europei furono inviati a sostenere i manifestanti che si
oppongono al presidente e al governo legittimi dell’Ucraina. L’ex primo ministro e leader del
partito conservatore polacco Legge e Giustizia Jaroslaw Kaczynski ha personalmente partecipato
alle manifestazioni dell’opposizione a Kiev. I manifestanti di Maydan Nezalezhnosti furono visitati
dalla sottosegretaria di Stato statunitense Victoria Nuland, che evidentemente aveva dimenticato
che la sua agenzia dovrebbe proteggere il diritto internazionale e non interferire negli affari interni
di un Paese straniero! L’opposizione ucraina e, in particolare, i neo-nazisti di “Svoboda“, sono
sostenuti dal governo tedesco che aveva recentemente dichiarato la sua disapprovazione verso le
attività similmente neo-naziste del Partito Nazionale Democratico di Germania. Se confrontiamo la
reazione dei politici europei e statunitensi alle misure per ripristinare l’ordine pubblico nel Paese
delle autorità ucraine, con l’assenza di qualsiasi reazione dei regimi politici occidentali ai recenti
giri di vite contro i manifestanti in Grecia, Spagna e Portogallo, la loro parzialità politica e i loro
pregiudizi sono evidenti. Le cose che accadono intorno l’Ucraina, oggi, non sono una lotta per la
democrazia e lo Stato di diritto, come i media europei e statunitensi comprati da Washington
cercano di presentare. Questa è la palese lotta per l’Ucraina, rivolta principalmente contro la Russia.
E’ facile intuire le prossime fasi degli strateghi in tale lotta, aumentare la destabilizzazione della
società ucraina, maggiore corruzione e sostegno finanziario all’opposizione. E, come ultima
opzione, Washington ha esperienza nell’imporre soluzioni ai conflitti interni in Iraq, Libia, Siria…

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