martedì 21 gennaio 2014

Legge elettorale, ecco la nuova porcata di Renzi

POLITICA


Lo chiama "Italicum" e la definisce una «proposta concreta, realizzabilee con tempi certi». Eccola qua la riforma elettorale firmata Matteo Renzi, che il segretario del Pd ha illustrato alla direzione del suo partito, confezionata in «profonda sintonia» con Berlusconi. E che è la proposta sulla quale la Direzione del Pd dovrà dare il suo via libera, per essere portata a Montecitorio il 27 gennaio, come da caldenario fissato dal medesimo Renzi.
Come primo obiettivo il segretario ha indicato la cancellazione del Senato e il superamento del bicameralismo perfetto, con la conseguente riduzione dei costi della politica. A seguire ha ribadito l'intenzione di mettere ordine al Titolo V della Costituzione, con la razionalizzazione della ripartizione di competenze fra stato centrale e Regioni. Ed è infine entrato nel merito della legge elettorale. Una riforma, vale la pena sottolineare, di cui non c’è alcun bisogno (lo ha chiarito bene la Corte Costituzionale, secondo la quale si può votare con la legge attualmente in vigore, cioè quella uscita dalla sentenza che ha dichiarato incostituzionale il Porcellum), ma che tanto a Berlusconi quanto a Renzi serve per mantenere lo scettro del comando nei rispettivi partiti/coalizioni, senza il fastidio di dover fare alleanze e senza dover subire “ricatti” dai “piccoli”. Non a caso, la proposta avanzata produce effetti bipolari ed è tesa a premiare i partiti maggiori, a danno di quelli minori. E pazienza se nella sentenza della Consulta, tra l’altro, si faceva esplicito riferimento all’articolo 48 della Costituzione, quello in cui si stabilisce che «il voto è personale ed eguale», mentre tra premi di maggioranza e sbarramenti si finisce con l’alterare «il peso del voto (che dovrebbe essere uguale e contare allo stesso modo ai fini della traduzione in seggi)». Si vede che il parere della Corte costituzionale va bene solo a fasi alterne. 
Tant’è, la proposta di Renzi è così concepita: premio di maggioranza pari al 18% se si raggiunge almeno il 35% (e non è lo stesso una porcata dare la maggioranza assoluta a chi la maggioranza assoluta nelle urne non ha preso? Vale la pena ricordare che la Legge “Truffa” del 1953 assegnava un premio di maggioranza a chi avesse comunque ottenuto la maggioranza del 50% più uno nelle urne), ballottaggio per ottenere il premio se nessuna coalizione raggiunge il 35%, listini corti (e bloccati, bye bye Consulta) di sei candidati per ogni collegio, sbarramento al 5% per le forze che fanno parte di una coalizione e all’8% per chi si presenta da solo. Con tanti saluti alla rappresentanza democratica.
Ma soprattutto, Renzi ha chiarito che Riforme e nuova legge elettorale fanno parte di un unico pacchetto non modificabile frutto anche dell'intesa raggiunta con Silvio Berlusconi. E in questo senso, ha sottolineato, «l'accordo politico non prevede le preferenze». Il segretario ha poi ribadito che il Pd sceglierà i suoi candidati con le primarie («Un'idea già attuata lo scorso anno da Bersani») e di volere per le proprie liste il «vincolo assoluto della rappresentanza di genere», ovvero l'alternanza uomo-donna negli elenchi sottoposti agli elettori.
La proposta del ballottaggio dovrebbe (sarebbe dovuta) servire a limitare i malumori interni, assecondando almeno in parte le richieste di chi fin dall’inizio si era espresso per un doppio turno alla francese o per una legge sul modello di quella con cui si eleggono i sindaci dei comuni sopra i 15 mila abitanti. Non a caso il bersaniano Alfredo D’Attorre, che nei giorni scorsi era arrivato ad evocare una rottura dopo l’intesa con Berlusconi, parla ora di «un passo avanti rilevante» auspicando un ulteriore ritocco con il superamento delle liste bloccate. Stessa linea per il capogruppo alla Camera, Roberto Speranza. Ma dal presidente dei democratici, Gianni Cuperlo, arriva l'altolà:
«La riforma elettorale non risulta ancora convincente perché non garantisce né la rappresentanza adeguata né il diritto dei cittadini di scegliere gli eletti né una ragionevole governabilità». Il leader della minoranza interna, inoltre, vede nella proposta avanzata «profili di dubbia costituzionalità». «Al nostro interno non c’è una maggioranza che spinge per cambiare e una minoranza che vuole restare ferma immobile sulle gambe o peggio intralciare un processo riformatore: vogliamo essere tutti noi protagonisti del passaggio a una repubblica rinnovata consolidando le istituzioni di una democrazia in crisi», ha aggiunto il presidente parlando alla Direzione Pd.  E c'è da registrare l'affondo dell'ex viceministro Stefano Fassina, secondo il quale «l’accordo (con Berlusconi, ndr) non è stato fatto dal Pd, che si dovrà esprimere, ma dal segretario Renzi. Mi sono un po’ vergognato come dirigente del Pd nel vedere l’incontro di Renzi con Berlusconi. E’ stato un errore politico. Andava certo coinvolta Forza Italia, ci sono i capigruppo e non dovevamo certo rilegittimare il Cavaliere per la terza volta, dopo che c’è stata una sentenza di condanna». Fassina ha smentito ipotesi scissioniste («Resto e credo nel partito come sempre») ma avanza l’idea di un referendum tra gli iscritti: «Come prevede lo statuto, sarebbe possibile consultare gli iscritti anche per via telematica, rapidamente, per sapere cosa pensino della legge elettorale». L’obiezione di Renzi è già pronta: sono appena stato votato alle primarie, il mandato degli elettori ce l’ho già (fa niente se “elettori” e iscritti” non sono esattamente la stessa cosa, è roba da partiti novecenteschi).
Ma proprio con il presidente del partito è andato in scena lo scontro più violento, culminato con il gesto di rottura di Cuperlo che si alza e se ne va, infuriato per l'attacco personale del segretario che così ha replicato alle sue critiche: «Chi parla di preferenze non avrebbe dovuto farsi candidare nel listino bloccato schivando le primarie. Almeno Fassina ha preso 12 mila preferenze...». Ma poi la minoranza, rimasta "orfana" del leader, ha preferito non contarsi decidendo di astenersi. La proposta di Renzi è così passata con 111 voti a favore (meno di quelli ottenuti dalla relazione del segretario alla riunione della scorsa settimana) e 34 astensioni.

Stroncatura senza appello, invece, dalla Lega, con il segretario Matteo Salvini che invoca una mobilitazione contro quella che definisce «una legge truffa» (detto da chi il Porcellum l'ha pensato e poi votato lascia interdetti). E da Beppe Grillo, che alla nuova proposta di legge ha già dato, di par suo, il nome di «Pregiudicatellum».
Per Paolo Ferrero, segretario del Prc, «la proposta di Renzi è di una gravità inaudita: calpesta la sentenza della Corte sulla legge elettorale riproponendo nei fatti il Porcellum e con il suo compagno di merende Berlusconi, resuscitato per l’occasione, si vuole pappare tutto il Parlamento. Renzi e Berlusconi, che la pensano nello stesso modo su quasi tutto, vogliono occupare tutto il parlamento impedendo ad altre forze che non condividono le loro politiche di austerità di poter dire la loro. Renzi - conclude Ferrero - si nasconde dietro la prima repubblica ma in realtà vuole affossare la democrazia mantenendo in piedi solo la finzione teatrale del bipolarismo».

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