Il comunicato di Paolo Ferrero
Da oggi Liberazione cessa le pubblicazioni.
Si tratta di una decisione triste perché Liberazione, prima settimanale,
poi quotidiana, poi, dopo un periodo di sospensione delle
pubblicazioni, on-line, è il giornale del nostro partito da oltre un
ventennio. La storia di Liberazione e la storia di Rifondazione
Comunista sono state - nel bene e nel male - intrecciate in modo
indissolubile.
Oggi dobbiamo sciogliere questo legame con la chiusura di Liberazione
perché il deficit del giornale rischia di soffocare il partito, che non
ha i soldi per coprire ulteriormente i buchi di bilancio. Si tratta di
una scelta obbligata: se non chiudessimo il giornale dovremo a breve
chiudere anche il partito.
Abbiamo cercato in questi anni di trovare i modi e le forme attraverso
cui rendere il giornale autosufficiente ma non ci siamo riusciti e
adesso dobbiamo prenderne atto prima che sia troppo tardi. Prendere atto
di questa situazione è necessario per evitare danni maggiori.
In questo contesto voglio fare 4 ringraziamenti e assumere un impegno.
Il primo ringraziamento è a Dino Greco. Ha accettato di cambiare
radicalmente la sua vita venendo a Roma a dirigere Liberazione e
abbandonando la sua esperienza da sindacalista. Non si è trattato per
Dino di una scelta facile né indolore ed è stato un grande gesto
disinteressato che Dino ha fatto nei confronti del partito e del
giornale dopo la disastrosa direzione di Piero Sansonetti. Dino ha
diretto il giornale in anni difficilissimi ed ha continuato a scrivere
su Liberazione anche dopo essere andato in pensione, con una passione ed
un impegno che parlano da soli.
Il secondo ringraziamento è a Romina Velchi. La storia di Romina è
diversa: giornalista di Liberazione sin dall'inizio, ha accettato di
fare la vicedirettrice prima e la direttrice da ultimo, in puro spirito
di servizio e militanza. Quando Romina ha preso la direzione del
giornale sapeva che le possibilità di continuare ad uscire erano molto
basse ma lo ha fatto lo stesso. Non è facile trovare compagni e compagne
come Romina disposti a "metterci la faccia" in una impresa che si sa
difficilmente sarà coronata dal successo.
Il terzo ringraziamento è a quel gruppo di giornalisti - una piccola
parte sul complesso dei giornalisti - che in questi anni hanno portato
avanti concretamente il giornale e che lo hanno difeso dagli attacchi
esterni ed interni. Si tratta di compagni e compagne che hanno
interpretato il loro ruolo di giornalisti con quel senso di militanza e
con quella deontologia professionale che ci hanno permesso di arrivare
sin qui.
Da ultimo - ma non meno importante - voglio ringraziare i compagni e le
compagne che hanno in questi anni acquistato e sostenuto Liberazione ed
in particolare a chi lo ha sostenuto in quest'ultimo periodo. Chiudiamo
avendo un migliaio di abbonamenti e un certo flusso di sottoscrizioni.
Voglio ringraziare questi compagni e compagne perché so quanto vale
questo sostegno. So quanto costa tirare fuori 50 o 100 euro - oltre a
quelli della tessera, a quelli per pagare l'affitto del circolo, alla
benzina non rimborsata - per sostenere il giornale, il nostro giornale,
la stampa comunista, come si diceva una volta. Non siamo nelle
condizioni di rimborsare gli abbonamenti, possiamo solo dire di averli
usati tutti, fino all'ultimo centesimo, per fare quella battaglia
politico culturale a cui tutti teniamo.
Dopo i ringraziamenti l'impegno. L'impegno è a decidere entro l'estate
le forme di informazione, comunicazione e riflessione, a cui deve dar
vita Rifondazione Comunista, per perseguire efficacemente il proprio
disegno politico. Dopo le elezioni europee, qualsiasi sia il risultato,
dovremo definire con maggiore precisione il ruolo e il progetto politico
del nostro partito e - in questo contesto - degli strumenti informativi
di cui ci dovremo dotare. Voglio dire subito con chiarezza che non è
questo un impegno a riaprire Liberazione. Faremo di tutto ovviamente per
salvare la testata ma non vi sono oggi le condizioni finanziarie e non
vi saranno domani per riaprire un giornale basato sul lavoro di
giornalisti professionisti. Dovremo inventare forme nuove che segnino
una discontinuità con il passato.
Una cosa voglio sottolineare infine. Abbiamo detto che la storia di
Liberazione e del Partito della Rifondazione Comunista sono strettamente
intrecciate. Qualcuno voleva chiudere Liberazione per cercare di
chiudere anche Rifondazione. In questi anni di nemici ce ne siamo fatti
tanti. Con la decisione che da oggi è operativa, noi facciamo l'esatto
contrario: ci priviamo di Liberazione - che non siamo più in grado di
sostenere finanziariamente - proprio per permettere a Rifondazione
Comunista di proseguire e di battersi per l'affermazione del socialismo,
della libertà e della giustizia. La chiusura di Liberazione non è la
fine del nostro progetto politico. E' una scelta dolorosa affinché il
progetto politico da cui Liberazione era nata possa continuare a vivere.
di Paolo Ferrero
di Paolo Ferrero
LIBERAZIONE
Il comunicato del direttore
Care lettrici, cari lettori,
ho sperato fino all'ultimo di non dover scrivere queste righe. L'ho
sperato perché ritenevo (e ritengo) che un partito comunista, che tra i
suoi compiti ha quello della formazione di una coscienza di classe, non
possa fare a meno di uno strumento di comunicazione/informazione non
solo come veicolo per la diffusione di idee e programmi, ma anche come
mezzo per lo sviluppo della stessa attività politica. Ora che la parola
fine è stata messa nero su bianco, sembra che non resti altro da fare
che prenderne atto.
Si poteva evitare questo epilogo? Forse no. Ci si poteva arrivare in un
altro modo? Certamente sì. Conosciamo, e non da oggi, la straordinaria e
drammatica condizione economica in cui si dibatte il nostro partito e,
di conseguenza, la società editrice di Liberazione. E conosciamo le
importanti risorse finanziarie che il Prc ha impiegato negli anni
passati per salvare il giornale, ridurre i debiti e non far fallire la
Mrc, pur in una condizione generale di crisi.
Conosciamo tutto questo talmente bene che non ci siamo mai tirati
indietro quando si è trattato di fare sforzi, personali e collettivi,
per tenere in vita il giornale che, vale forse la pena ricordarlo,
accompagna la storia del Prc da oltre vent'anni. Con caparbietà abbiamo
messo in campo tutte le iniziative possibili, specie dopo la fine delle
pubblicazioni del giornale cartaceo (ormai nel lontano dicembre 2011)
sempre e solo con l'intento di essere utili prima di tutto al partito,
pur nella dimensione sempre più ridotta in termini di risorse umane e
finanziarie. Uno sforzo che il più delle volte è sembrato cadere nel
vuoto e nel disinteresse, non tanto del corpo militante del partito,
quanto dei suoi dirigenti. Eppure non ci siamo scoraggiati: prima con un
sito web "clandestino" (il settimanale Ombrerosse, ospitato su
Controlacrisi), poi con Liberazione.it, sempre rispettando lealmente le
decisioni assunte dal Prc.
Una cosa sola chiedevamo in cambio: l'impegno del partito a non
disperdere questo lavoro e a dare una prospettiva politica a questo
sforzo. Questo impegno, oggettivamente, non c'è stato. Non solo in
termini di abbonamenti (che pure erano di vitale importanza, come si
vede), ma soprattutto di costruzione di un percorso che permettesse di
non arrivare alla morte più o meno annunciata di Liberazione circondati
dal vuoto assoluto: vuoto di proposte; vuoto di progetti; vuoto di
programmazione. Che idea ha il partito della propria comunicazione? Di
che strumenti ha bisogno? Di un sito? Di due? Di tre? Di nessuno?
L'attuale proliferare di pagine web è fonte di ricchezza o di
confusione? Serve un house organ oppure no? E in che forme? Gratuito? A
pagamento? Basta una rassegna stampa? Si noti che di tempo ce n'è stato
per affrontare questi temi, ma ogni volta c'era qualcosa di più urgente.
Fino ad arrivare all'inesorabile.
Nessuno di noi ha mai pensato, nelle condizioni date, di riproporre "una
vecchia" Liberazione, se non altro perché le forme stesse della
comunicazione sono radicalmente cambiate da quando, nel 1996,
Liberazione settimanale divenne quotidiano, nell'entusiasmo generale.
Non è questo il punto. Sul tavolo esiste un ampio ventaglio di proposte e
altre ancora se ne possono avanzare. Così come non è in discussione la
gravità della situazione finanziaria. Si chiedeva (e si chiede) di
manifestare una volontà; di mostrare coerenza tra le cose che si dicono e
quelle che si fanno. Insomma, di mettere in campo un percorso che ci
permettesse di guardare avanti, di superare la difficilissima fase in
cui ci troviamo, come giornale e come partito, creando le basi per un
rilancio organizzativo di tutto il comparto della nostra comunicazione
politica.
Invece, arriviamo ad un traguardo oltre il quale non c'è nulla, tranne
la chiara volontà di chiudere Liberazione per salvare il partito. Come
se le due cose non stessero insieme. Come se, al contrario, la chiusura
della testata storica del partito non rischi di essere un colpo mortale
al partito stesso, per di più alla vigilia di un passaggio cruciale come
quello delle elezioni europee. C'è stata, a nostro avviso, una
sottovalutazione grave della dimensione politica della questione,
lasciando che la discussione vertesse solo sulla dimensione economica.
Che, infatti, lascia completamente aperto l'interrogativo sul "che fare
ora", cui può dare una risposta solo un chiaro progetto politico.
Ai lettori, agli abbonati va il nostro ringraziamento: ci hanno
sostenuto, gratificato, criticato, sollecitato. E le nostre scuse per
non sapere "cosa dire", per non sapere indicare se e quando saremo mai
in grado di tornare ad essere la voce del Partito della Rifondazione
comunista; la voce dei comunisti.
di Romina Velchi
di Romina Velchi
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