di Sandro Medici, candidato nel collegio Centro, per la lista "Un'altra Europa con Tsypras"
Al di là delle turbolenze parlamentari e delle malsane dinamiche nella maggioranza di governo, il testo ammazza-province
approvato ieri al Senato è poco più che una sceneggiata nella quale si
annunciano risparmi e semplificazioni, ma in concreto si prevedono
ulteriori ridondanze e temibili disordini amministrativi. L’unica
riduzione di spesa certa, resta quella delle mancate elezioni di una
cinquantina di consigli provinciali (circa trecento milioni). Per il
resto, è facile immaginarsi sensibili incrementi, sia di trasferimenti
finanziari e sia di sprechi e costose sovrapposizioni funzionali.
Chi in futuro dovrà gestire la manutenzione stradale o l’edilizia scolastica
o la formazione professionale o i trasporti locali, funzionario o
commissario che sia, dovrà misurarsi con un groviglio di competenze,
attribuzioni, titolarità che di fatto neutralizzerà ogni decisione. Chi
fa cosa e quando e come? Quel che resta della Provincia o la Regione o
il Comune o chissachi? E, soprattutto, con quali criteri, priorità,
sulla base di quali indirizzi? Bandi, appalti, progetti, assegnazioni,
concessioni e l’infinita attività amministrativa di paesi, città e
territori finiranno in un gorgo sovraccaricato e confuso. Con la
conseguenza di appesantire ulteriormente (forse irrimediabilmente) la quotidianità di milioni di persone, a cui non verranno fornite risposte, così eludendone diritti e bisogni.
Ma forse è proprio qui il senso di quest’amputazione istituzionale. Privare le comunità locali di servizi,
riducendo sempre più quell’offerta sociale che in tempi di crisi
economica tende al contrario a crescere. E in tal modo abbandonare a un
destino di frustrazione e solitudine interi territori, che via via
deperiranno per le manchevolezze di un intervento pubblico in via
d’estinzione.
Del resto, la tendenza a
indebolire le istituzioni di prossimità, con processi di
centralizzazione sempre più intensi, è in atto da tempo; e l’accanimento
contro le Province ne è solo una tappa. Con il patto di stabilità,
tutti gli enti locali sono già di fatto ingabbiati e commissariati,
impossibilitati a svolgere quelle funzioni, anche minime, a cui
sarebbero obbligati per legge. Senza soldi e subordinati a vincoli e
poteri sovraordinati, non riescono più a far fronte a ogni tipo
d’esigenza. Perfino stappare i tombini quando piove diventa impossibile;
figurarsi garantire un’adeguata rete di servizi sociali.
Ne consegue quella progressiva privatizzazione di beni e funzioni, il
cui accesso sarà legato alla sola possibilità di comprarseli o meno.
Eccolo qui il nuovo modello civile: se paghi
potrai anche ammalarti o tappare le buche per strada o prendere
l’autobus o andare a scuola. Diversamente, non potrai curarti, resterai
analfabeta e andrai a piedi.
È la selezione “naturale”
in corso nel nostro paese. Con la spoliazione d’ogni funzione pubblica
per far posto all’iniziativa privata, che pian piano divorerà
completamente la nostra vita quotidiana. Diventeremo tutti ex cittadini,
per trasformarci in clienti consumatori.
Una quarantina d’anni fa Pier Paolo Pasolini
andava dicendo che il nostro futuro sarebbe stato improntato a uno
sviluppo senza progresso. E’ andata proprio così. Ha avuto tragicamente
ragione.
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