giovedì 27 marzo 2014

Medici: "Senza Province sopravvive solo chi ha soldi"

di Sandro Medici, candidato nel collegio Centro, per la lista "Un'altra Europa con Tsypras"

Al di là delle turbolenze parlamentari e delle malsane dinamiche nella maggioranza di governo, il testo ammazza-province approvato ieri al Senato è poco più che una sceneggiata nella quale si annunciano risparmi e semplificazioni, ma in concreto si prevedono ulteriori ridondanze e temibili disordini amministrativi. L’unica riduzione di spesa certa, resta quella delle mancate elezioni di una cinquantina di consigli provinciali (circa trecento milioni). Per il resto, è facile immaginarsi sensibili incrementi, sia di trasferimenti finanziari e sia di sprechi e costose sovrapposizioni funzionali.

Chi in futuro dovrà gestire la manutenzione stradale o l’edilizia scolastica o la formazione professionale o i trasporti locali, funzionario o commissario che sia, dovrà misurarsi con un groviglio di competenze, attribuzioni, titolarità che di fatto neutralizzerà ogni decisione. Chi fa cosa e quando e come? Quel che resta della Provincia o la Regione o il Comune o chissachi? E, soprattutto, con quali criteri, priorità, sulla base di quali indirizzi? Bandi, appalti, progetti, assegnazioni, concessioni e l’infinita attività amministrativa di paesi, città e territori finiranno in un gorgo sovraccaricato e confuso. Con la conseguenza di appesantire ulteriormente (forse irrimediabilmente) la quotidianità di milioni di persone, a cui non verranno fornite risposte, così eludendone diritti e bisogni.
Ma forse è proprio qui il senso di quest’amputazione istituzionale. Privare le comunità locali di servizi, riducendo sempre più quell’offerta sociale che in tempi di crisi economica tende al contrario a crescere. E in tal modo abbandonare a un destino di frustrazione e solitudine interi territori, che via via deperiranno per le manchevolezze di un intervento pubblico in via d’estinzione.
Del resto, la tendenza a indebolire le istituzioni di prossimità, con processi di centralizzazione sempre più intensi, è in atto da tempo; e l’accanimento contro le Province ne è solo una tappa. Con il patto di stabilità, tutti gli enti locali sono già di fatto ingabbiati e commissariati, impossibilitati a svolgere quelle funzioni, anche minime, a cui sarebbero obbligati per legge. Senza soldi e subordinati a vincoli e poteri sovraordinati, non riescono più a far fronte a ogni tipo d’esigenza. Perfino stappare i tombini quando piove diventa impossibile; figurarsi garantire un’adeguata rete di servizi sociali. Ne consegue quella progressiva privatizzazione di beni e funzioni, il cui accesso sarà legato alla sola possibilità di comprarseli o meno.
Eccolo qui il nuovo modello civile: se paghi potrai anche ammalarti o tappare le buche per strada o prendere l’autobus o andare a scuola. Diversamente, non potrai curarti, resterai analfabeta e andrai a piedi.
È la selezione “naturale” in corso nel nostro paese. Con la spoliazione d’ogni funzione pubblica per far posto all’iniziativa privata, che pian piano divorerà completamente la nostra vita quotidiana. Diventeremo tutti ex cittadini, per trasformarci in clienti consumatori.
Una quarantina d’anni fa Pier Paolo Pasolini andava dicendo che il nostro futuro sarebbe stato improntato a uno sviluppo senza progresso. E’ andata proprio così. Ha avuto tragicamente ragione.

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